ARTE BRUTTA il peggio in un museo

Museum of Bad Art, un capolavoro di bruttezza

Forse non tutti sanno che a Boston esiste un museo che si chiama Moba, acronimo di Museum of Bad Art, ovvero Museo dell’arte brutta o fatta male.

Un esempio di arte brutta esposta a Boston

Il Museum of Bad Art venne fondato nel 1994 dall’antiquario Scott Wilson che recuperò fra i rifiuti quello che divenne il dipinto “simbolo” del museo: Lucy in the Field with Flowers. Wilson era originalmente interessato alla sola cornice di Lucy ma, quando lo mostrò al suo amico Jerry Reilly, quest’ultimo volle tenere con sé anche la tela. Wilson espose inizialmente il dipinto a casa propria e, successivamente, incoraggiò i suoi amici ad accumulare per lui altre opere d’arte “pessime“. In seguito all’acquisizione di un’altra opera, Wilson e Reilly decisero di avviare una collezione. Più tardi, Reilly e sua moglie Marie Jackson organizzarono una festa in casa loro per esibire le loro opere; secondo le loro intenzioni, questa fu l’inaugurazione del Museum of Bad Art.

Charlie e sheba

Un esempio di art brutt

Elvis

lucy
Lucy in the Field with Flowers (olio su tela di un autore sconosciuto; ritrovato nei rifiuti a Boston) è il preferito dai media di informazione e dai mecenati. Un dipinto così importante da obbligare la sua conservazione per i posteri. “Il suo movimento, l’oscillazione dei suoi seni, le lievi tinte del cielo, l’espressione del suo volto – tutti i dettagli si combinano per creare questo trascendente e avvincente ritratto, ogni dettaglio ci spinge a gridare al capolavoro.”
Il considerevole successo del museo continuò, tanto che, secondo le testimonianze, la situazione “sfuggì completamente di mano” quando un bus pieno di cittadini anziani si fermò per visitarlo. Nel 1995 le opere vennero quindi trasferite nel più vasto seminterrato del Dedham Community Theatre, mentre nel 2008 venne aperta una nuova galleria del museo presso il Somerville Theatre dell’omonima città.
nell’immagine Lucy, l’opera che diede il via alla realizzazione del museo.

Il museo venne accusato da alcuni di essere anti-artistico, ma i suoi fondatori lo smentirono dichiarando che il Moba era un “tributo alla sincerità degli artisti che hanno perseverato con la loro attività, malgrado qualcosa sia andato molto male durante il processo”. La cofondatrice Marie Jackson volle affermare con convinzione:

« Siamo qui per celebrare, gloriosamente, il diritto di un artista di fallire. »

Un articolo del 1997 del Chicago Tribune mise in evidenza che nessuno dei circa quindici artisti che scoprirono di aver realizzato un’opera esposta nel museo ne rimase turbato. E questo si evince dalle parole della curatrice Louise Reilly Sacco:

« Se noi deridiamo qualcosa, quella è la comunità artistica, non gli artisti. »

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Sunday on the Pot with George (acrilico su tela di un autore sconosciuto; donato da Jim Schulman) venne ritenuto un dipinto “iconico”, che garantisce al suo osservatore il “cento per cento di possibilità che scoppi a ridere”.
ll MoBa vive delle donazioni di “benefattori“ che inviano a titolo gratuito le opere più orripilanti in loro possesso ma che, in quanto espressioni d’arte, meritano comunque di essere esposte al pubblico. L’incredibile collezione conta più di 500 pezzi tra paesaggi, ritratti, nature morte e quadri astratti. Ognuna di esse è in vendita, perché ciò che è considerato universalmente brutto per qualcuno potrebbe invece trasformarsi in un capolavoro. Data la scarsità degli spazi espositivi, un po’ come succede per i grandi musei, molte delle opere giacciono nei magazzini e vengono esposte a rotazione, ma l’intera collezione è accessibile on line sul sito del MoBa, con tanto di dettagliata descrizione e, quando possibile, con il nome dell’autore.

“Il principio fondamentale per cui un’opera venga accettata al museo – dichiarano i fondatori – è che deve essere stata creata da qualcuno che abbia seriamente tentato di fare arte, ma che durante la realizzazione sia andato completamente fuori strada, nel concetto o nell’esecuzione tecnica”. Paradossalmente infatti, la selezione è molto rigida, tanto che quasi il 90% delle opere non passano la selezione e vengono donate alle aste di beneficenza.

charliesheba
Anonimo, Charlies and Sheba, olio su tela, Museum of Bad Art, Boston.
Il Museum of Bad Art è stato citato in centinaia di pubblicazioni internazionali, ed ha ispirato altre collezioni simili presenti in Ohio, Seattle, e Australia.

Jason Kaufman, un professore della Harvard University che insegna sociologia della cultura, scrisse riferendosi al museo:

« La bellezza del MOBA – sebbene la parola “bellezza” sia certamente sbagliata – è il suo modo di indebolire i criteri estetici sotto molti punti di vista. »

Inoltre la stessa curatrice Louise Reilly Sacco suggerisce che il Moba fa sentire i visitatori liberi di ridere, argomentare e osservare, cosa che in un museo del bello non accadrebbe. Ciò forse induce a pensare che il bello intimidisce, mentre il brutto rende liberi?

In ogni caso, mai detto popolare fu più calzante di questo: non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace!

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Pubblicato da salottoartegenova

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